lunedì 21 giugno 2010

non credo nei principi azzurri, sul cavallo bianco, nell'anima gemella, nell'uomo o nella donna ideale, nella metà della mela o cose simili, non credo nel "per sempre", o "per l'eternità". Non credo nell'ipocrisia, nelle bugie, anche a quelle a fin di bene, tanto prima o poi la vera natura di ogni persona esce sempre fuori. Non credo nelle cose ripetute all'infinito, perché se una persona vuole capire lo fa anche dopo le prime tre. E non credo nella pause di riflessione e non credo nelle persone quando ti sentono ma non ti ascoltano con l'attenzione adeguata.
Credo invece nella corrispondenza dei sensi e dei sentimenti. Nel coinvolgimento emotivo, anche verso chi magari non si conosce benissimo. Credo nelle seconde opportunità, credo che il tempo asciughi ogni ferita e credo nella rabbia, quella pura che ti fa agire d'impulso. Credo nell'Amore puro, credo in quell'amore che non esiste e che ognuno interpreta a modo suo.
Credo nell'impossibilità dell'incontro fatale con la persona ideale che corrisponde alla metà della mela. Credo nell'incoerenza. Credo nei temporali d'estate e credo che dopotutto ogni cosa tornerà al suo stato di partenza, senza troppi problemi.
Credo nell'evasione fiscale.
anche dai cuori altrui.

giovedì 20 maggio 2010

Facciamo piano, che ci sentono.

allora, da dove cominciare?
avete presente quei baci da film americani, quelli da fine-film, quelli che si danno su di un ponte in mezzo a tantissima gente di fretta che non si accorge nemmeno della magnifica forza del momento, oppure quei baci sempre americani che si danno sotto la pioggia con un gatto senza nome in braccio. Esatto, quelli, li avete presente? quei baci sono un po' romantici ma anche volgari, hanno una forza tale da far pensare che questo film sarebbe dovuto per forza finire così, ma che il dopo di quel bacio non ci verrà mai raccontato. Quindi chissà se tuttavia è stato un bacio importante. Però non volevo parlarvi di questo tipo di baci, ma invece avete presente quei baci da film francese, invece, quelli un po' sottili senza una linea di sottofondo, sottili leggeri e ansiosi, dati quasi per caso con un po' di timidezza nell'aria, e con l'insicurezza dei tredicenni. Quei baci, sì, li avete presente? Perché diciamo che quei baci mi piacciono di più, perché solitamente sembrano più reali di quelli di cui vi ho parlato prima. Non trovate anche voi?
Ma non volevo parlarvi nemmeno di questo genere di baci. Volevo parlarvi di un bacio di due ragazzi, che non erano veri e propri ragazzi, oddio, sì, lo erano per il resto del mondo, ma per loro stessi erano qualcosa a sé stante, non saprei nemmeno spiegare bene cosa, non li conosco così bene da rivelarvi la loro vera identità, il loro vero essere. Fatto sta che esistono, esistevano, o esisteranno. Andavano sempre in quella vecchia mansarda impolverata in via Barbaroux, e dicevano Quant'è bella la via Barbaroux, e ringraziavano la zia Margherita che li invitava, e loro stavano lì tutto il pomeriggio a fare foto con la Kodak Usa-E-Getta ai tetti torinesi senza nemmeno guardare nell'obbiettivo, che importava? E così erano lì. Non erano un genere come i fidanzati, e forse non erano nemmeno amici. Fatto sta che è successo.
Forse per caso, senza nemmeno troppo rumore, un bacio. Uno di quelli strani, che se ne vedono pochi oggi giorno, avvenuto così immediato, senza volerlo, è successo, e non si erano nemmeno guardati. Stavano parlando della mortadella che hanno comprato tutti e due quella volta che si erano innamorati di quella ragazza e di quel ragazzo di cui poi non hanno più sentito parlare. Che strano, pensavano. E poi, in quel preciso istante, allo scoccare del 45esimo secondo di quello specifico minuto, di quell'ora calda di dicembre di quel lontano pomeriggio, accadde. Accadde, e non poterono farci nulla. Fu un bacio svelto, ma forte, inclinato verso destra, senza nemmeno una richiesta, fu dato e mai concordato.
dopo quel bacio, poi, i due pirati, così mi piace chiamarli,
non si videro più.

sabato 30 gennaio 2010

it's cool we can still be friends

chi ci pensa mai ad un gomito?
in effetti perché dovremmo pensare al nostro gomito destro o mancino che sia, c'è, è lì, ce l'abbiamo tutti, è una presenza concreta e costante, chi ci pensa in effetti?
e quando ci facciamo male al gomito che succede? succede che ci pensiamo, automaticamente il nostro cervello percepisce il dolore e ci ricorda che lui c'è, che non se n'è mai andato. Ci rendiamo conto della sua importanza solo quando abbiamo paura di perderlo, solo quando lo sentiamo danneggiato.
a volte capita anche con le persone.
esatto.

domenica 17 gennaio 2010

i saldi prima o poi arrivano.

lo guardava come un quadro.
guardare ma non toccare, è una cosa da imparare.
comprati un mazzo di fiori, che poi ti do i soldi.
non so, comprati un po' d'amore, un po' d'affetto, dai adesso ci sono anche i saldi. hai anche un bel po' di soldi rimasti da natale e dal compleanno anche se è stato qualche marzo fa.
comprati un po' di sogni, che li abbiamo finiti ieri.
se corri riuscirai a trovare forse anche qualche per sempre, ma avevo letto sul giornale gratuito delle 7 che di tutti questi per sempre non c'era molto da fidarsi, ma fai come vuoi. i soldi sono tuoi, ti rimborso tutto,
tranne i per sempre.
e un cuore nuovo?

voglio avere pezzi di te in mezzo ai denti

domenica 3 gennaio 2010

fa che gli sia dolce anche la pioggia nelle scarpe.

i giorni si ripetono in un susseguirsi di immagini e di note senza tempo. cosa rimane di quell'anno passato ad aspettare, a controllare l'orologio ogni secondo per attendere un qualcosa di non ben definito. come rispondere alle chiamate notturne di quei giorni passati in apnea in mezzo a troppi libri e a troppi vocaboli inizianti per emme. e l'insicurezza dei passaggi obbligatori, di quando non si è ancora pronti, di quando per colpa del tempo siamo costretti a stare fuori casa a sentire il sole entrarci con forza nella trama della sciarpa trasportandoci in un gelido caldo d'inverno. e con le canzoni di una vita ritorni da me con un mazzo di penne in mano a chiedermi cos'ho ancora da dire. dopo tutto questo tempo. pioggiaesole cambianofacciaallepersone. la pelle morta delle emozioni passate, se mi cercherai.
e sì, fa che gli sia dolce anche la pioggia nelle scarpe.
tu che inutile non sei.
ricominciamo lentamente come se fossimo in tre.

lunedì 7 dicembre 2009

La felicità, ad una lacrima da qui.

Non scrivo più.
Non scrivo più non perché io non ne abbia voglia o quant'altro. Non scrivo più proprio perché non ho niente da dirmi. Parlano già troppo gli altri per non riuscire a capire quello che provo io in un secondo, durante la giornata. In effetti non servirebbero molte mani per giocare a carte, pensa se ci fossimo solo noi due in una piscina vuota ma con qualche salvagente buttato qua e là. A che servirebbe? Non scrivo più perché ci pensa già qualcun altro a farlo per me. Nel senso che i pensieri di qualcuno potrebbero diventare il mio diario giornaliero, una specie di manuale di sentimenti nel quale se cerchi alla voce L ti viene fuori 'Lasciami in pace". Ma è difficile lasciare in pace qualcuno, soprattutto se si è così indaffarati a percepire ogni piccola sfumatura di ciò che ci si piomba davanti. Non sembra tutto così di corsa e inafferrabile? E se poi ci parlassimo cosa cambierebbe? Tutte le domande che ha che ho verrebbero dette, ma tutte in una volta, con un solo fiato, tutte di colpo in mezzo ad una serata di sole luci artificiali e poi. queste domande rimarrebbero lì, in mezzo alle panchine di piazza bernini insieme ai Turet che riempiono Torino d'acqua. Ma facciamocele, queste domande, e prendiamo un po' il possesso della nostra vita, giusto per capire da che parte va guardata ed esaminata.
Infine, non chiedetemi perché, ma pensate piuttosto al come. e al seguito. e a voi.



domenica 22 novembre 2009

Rifallo altre centodue volte.

"noi due siamo vivi?
voglio dire, non in un luogo in cui vigono le leggi ordinarie che regolano i rapporti tra le persone, tantomeno i rapporti tra uomo e donna. Dove siamo, allora? Non m'interessa sapere dove, perché dargli un nome? Sarebbero comunque nomi loro, nomi tradotti, e con te voglio una costituzione diversa di cui saremo noi a fissare le leggi. Parleremo una nostra lingua e racconteremo le nostre forze, perché in mancanza di un luogo privato come questo -dove quello in cui crediamo si realizzerà anche solo per iscritto- la nostra vita non sarà tale; o peggio ancora? La nostra vita sarà solo una vita... sei d'accordo?"

quando ti parlavo di normalità. era questo che intendevo, una leggera sfumatura di un colore leggero/dispregiativo per una pennellata di sale in mezzo alla tua fronte. era questo che intendevo, che sarà come sarà se sarà vero, diceva De Gregori. dovrei provare qualche volta a vivere con le mie idee, e non con le simpatie degli altri, riessere me stessa e non Alessandro o Margherita che non esisteranno mai, incidentalmente. In definitiva io esisto, io sono quindi ci sono. e tu ci sei.
e poi c'è lei sempre di fianco a te, e io che vorrei dirgli tutto quanto di me, ma hanno ragione gli altri quando parlano di perfezione che inonda la mia mente, la sua perfezione mi fa sentire bene e quello che c'è da dire, da far sapere svanisce in un istante. parliamo di loro. di me. se stessi sbagliando tutto me ne accorgerei.
e tu. sorridi, ogni tanto. non essere così fottutamente geloso, reagisci alla tua prigione personale vai in bici e senti il vento tagliente e stronzo sulla faccia. il vento, è il vento che è stronzo. non gli altri.
sei arrivato per restare, vero?




-abuso di pronomi personali e di me te noi miei tu. per non capire meglio ciò che si ha da dire.-