domenica 22 novembre 2009

Rifallo altre centodue volte.

"noi due siamo vivi?
voglio dire, non in un luogo in cui vigono le leggi ordinarie che regolano i rapporti tra le persone, tantomeno i rapporti tra uomo e donna. Dove siamo, allora? Non m'interessa sapere dove, perché dargli un nome? Sarebbero comunque nomi loro, nomi tradotti, e con te voglio una costituzione diversa di cui saremo noi a fissare le leggi. Parleremo una nostra lingua e racconteremo le nostre forze, perché in mancanza di un luogo privato come questo -dove quello in cui crediamo si realizzerà anche solo per iscritto- la nostra vita non sarà tale; o peggio ancora? La nostra vita sarà solo una vita... sei d'accordo?"

quando ti parlavo di normalità. era questo che intendevo, una leggera sfumatura di un colore leggero/dispregiativo per una pennellata di sale in mezzo alla tua fronte. era questo che intendevo, che sarà come sarà se sarà vero, diceva De Gregori. dovrei provare qualche volta a vivere con le mie idee, e non con le simpatie degli altri, riessere me stessa e non Alessandro o Margherita che non esisteranno mai, incidentalmente. In definitiva io esisto, io sono quindi ci sono. e tu ci sei.
e poi c'è lei sempre di fianco a te, e io che vorrei dirgli tutto quanto di me, ma hanno ragione gli altri quando parlano di perfezione che inonda la mia mente, la sua perfezione mi fa sentire bene e quello che c'è da dire, da far sapere svanisce in un istante. parliamo di loro. di me. se stessi sbagliando tutto me ne accorgerei.
e tu. sorridi, ogni tanto. non essere così fottutamente geloso, reagisci alla tua prigione personale vai in bici e senti il vento tagliente e stronzo sulla faccia. il vento, è il vento che è stronzo. non gli altri.
sei arrivato per restare, vero?




-abuso di pronomi personali e di me te noi miei tu. per non capire meglio ciò che si ha da dire.-